giovedì 2 gennaio 2014

per un giusto governo

Le scene di giubilo -  non tutte di buon gusto -  in piazza del Quirinale in occasione della crisi e delle dimissioni di Berlusconi, pur comprensibili, non sono durate più di un week end. Se infatti la tempestiva decisione del presidente Napolitano di nominare senatore a vita il professor Mario Monti e di affidargli l’incarico di formare un governo per fronteggiare il drammatico indebitamento dell’Italia, ha spazzato via l’inerzia irresponsabile del precedente governo, ciononostante “c’è grande confusione sotto il cielo” e la situazione è tutt’altro che eccellente. Perdurano varie incognite. Basterà il consenso assicurato dai leader di alcuni partiti? Visto che tutti parlano di risanamento delle finanze statali, di riforma del fisco e della giustizia, di sacrifici “lacrime e sangue” ma raramente dicono che cosa concretamente vogliono fare, non sarebbe ragionevole e doveroso esplicitare, nella fase delle consultazioni, 3-4 obbiettivi prioritari del nuovo governo? E sapere se farà anche la riforma elettorale e se l’intenzione è di arrivare a fine legislatura o d andare alle urne al più presto? Ed è verosimile che un governo concentrato su misure di forte impatto economico e sociale si consideri “tecnico” e non  “politico” solo perché i suoi membri non appartengono alla “casta” attualmente in servizio? È probabile che precisazioni su questi temi vengano nei prossimi giorni dal capo del governo, la cui serietà è riconosciuta a livello internazionale. Per il momento possiamo individuare due punti fermi, alla luce dei quali valutare le sue future scelte.
Il primo riguarda il nesso stretto, di simultaneità, che deve esserci tra i sacrifici ed il rilancio dell’economia. Se le risorse limitate dai tagli non verranno investite per creare occupazione in settori strategici (le energie pulite, l’ambiente, la sicurezza abitativa, la ricerca, l’istruzione, la sanità, le infrastrutture di base), l’effetto immediato sarà la contrazione dei consumi e la recessione, cioè più povertà e disperazione fra i giovani e gli altri settori “deboli” della forza lavoro.
Il secondo punto fermo riguarda i sacrifici ed ha vari nomi: equità, giustizia sociale, per alcuni anche misericordia. La Costituzione la chiama solidarietà sociale. Occorre partire da una premessa: per effetto della globalizzazione neoliberista dell’economia – e, in Italia, dell’intreccio tra politica , economia, criminalità – negli ultimi trent’anni sono enormemente cresciute le disuguaglianze. Si è calcolato che se negli anni settanta il rapporto tra il salario minimo operaio e quello massimo di un manager era di 1 a 40, oggi esso è di 1 a 400. A ciò si aggiunga che i ceti ricchi hanno perfezionato, complici molti politici, sistemi di arricchimento legale (elusione fiscale, condoni, depenalizzazioni) e illegale (evasione, fuga nei paradisi fiscali, corruzione, ecc…). Di conseguenza qualsiasi provvedimento “lacrime e sangue” (si tratti di Ici o di patrimoniale o di prelievo) per essere davvero “equo” non può gravare nella stessa misura sul misero e sul miliardario. Il povero non deve fare alcun sacrificio, mentre chi sta meglio o bene deve contribuire in proporzione progressivamente crescente al proprio reddito o patrimonio. Analogamente la riforma delle pensioni per essere equa deve partire dal taglio delle “pensioni d’oro”, pubbliche e private, e dall’abolizione del vitalizio dei parlamentari. Se non vi sarà questa equità (o misericordia, vedi Matteo 25, 34-46), allora sarà anche da noi iniquità e immiserimento di masse crescenti di popolazione, come quello che grandi istituzioni bancarie mondiali con le loro ricette neoliberiste hanno già ampiamente provocato in vaste aree del mondo. Di questo il senatore Monti (membro della Commissione Trilaterale fondata da Rockefeller e tuttora consulente di quella Goldman Sachs che, secondo i dati diffusi da Milano Finanza, avrebbe innescato l’ondata di vendite di Btp italiani, seguita da altri “fonti tossici” americani) è buon conoscitore.

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