“Prestate
senza sperare di ricevere in cambio” dice l’evangelo secondo Luca. In altre
parole, il Nuovo Testamento condanna il
prestito ad interesse. Il vangelo mette l’accento sull’amore e questo,
applicato al campo delle relazioni economiche, significa dare la precedenza
alla giustizia. Certo, si potrebbe obiettare che nel corso della storia il
cristianesimo ha ammorbidito le posizioni nette espresse nel Nuovo Testamento. Si
potrebbe ricordare che il Riformatore di Ginevra, Giovanni Calvino, ha permesso
il prestito ad interesse. Ma il Riformatore ha differenziato chiaramente due
tipi di prestito per usare termini attuali: il credito al consumo e il credito
alle imprese. Il credito alle imprese deve esigere un interesse moderato. Invece
il credito al consumo è accordato a qualcuno che è nel bisogno: tale prestito
deve essere privo di interessi e nemmeno ci si deve aspettare la riconoscenza
del debitore. Ritornando al nostro discorso, il sistema speculativo che
conosciamo oggi contraddice palesemente l’orientamento evangelico. Basta guardare
la speculazione sulle materie prime che aumenta ogni anno il loro prezzo del
15% mettendo in pericolo la vita di oltre un miliardo di persone. Quelle persone,
che vivono con meno di un dollaro e 25 al giorno, non sono assolutamente in
grado di pagare la differenza e sprofondano dunque nella miseria e nella fame. Come
si può giustificare da un punto di vista etico un simile comportamento. Il segretario
generale dell’osservatorio della finanza
svizzera, Paul Dembinski, dubita che la speculazione sia destinata a sparire. Anzi,
teme che il fenomeno continuerà a crescere. Il risultato è che le banche
centrali diffidano delle fluttuazioni del corso della moneta dovuta ad un
mercato diventato molto nervoso. Per ristabilire la fiducia molti invocano l’introduzione
della cosiddetta “tassa Tobin”, dal nome del premio nobel James Tobin che aveva
immaginato una tassa dell’ 1% su ogni speculazione, per calmare il mercato. Ma il
principale ostacolo è costituito dall’incapacità o dalla mancanza di volontà
dei governi di introdurre contemporaneamente ed ovunque la tassa Tobin. Se dovesse
essere applicata solo in alcuni paesi, la speculazione si riorganizzerebbe nei
paesi che non rispettano questa legge. L’impressione è che la crisi economica
del 2008 non abbia insegnato nulla. O forse ha solamente radicalizzato le
posizioni di chi sostiene la speculazione e di chi la combatte. Tutti abbiamo
capito che il nostro sistema ha di gravi limiti. Ma da qui a cambiare a fondo
le cose il passo sembra essere ancora lungo.
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