Iniziare la giornata con l’auspicio che Dio
ci sia propizio è indubbiamente una bella carica di energia spirituale. Tutto
sembra più facile, ogni angolo oscuro della strada è illuminato dalla luce del
suo volto e quindi si cammina spediti e senza tentennamenti. Bisogna però
arrivare alla sera e talvolta col passare delle ore la luce svanisce e il volto
di un Dio propizio sembra scomparire nell’ombra. Il passo allora si fa incerto
e si palesa sempre più chiaramente il desiderio di qualche altra formula
propiziatoria, magari più efficace di quella con cui è iniziata la giornata. La cosiddetta benedizione di Aaronne
(Numeri 6, 24-26) è tutt’altro che una semplice formula propiziatoria. In
ebraico è essa si chiama Brirkat Kohanim, vale a dire “Benedizione
sacerdotale”. Nell’ambito ebraico con questa benedizione si concludono – ancora
oggi – i momenti più solenni della vita comunitaria. Il concetto centrale di
questa formula è la pace. Il termine ebraico shalom non esprimere soltanto la
prosperità di un tempo in cui si sono spente le grida di guerra. Shalom è la
perfetta armonia che nasce dal compimento della volontà dell’Eterno. Una vita all’insegna della perfetta armonia
è il più antico e il più grande desiderio dell’umanità intera e di ogni singola
persona. In questo senso si può parlare di una grande
benedizione (o di una benedizione originale che si contrappone al peccato
originale) promessa da Dio. Non di rado succede però che una benedizione
liturgica sia intesa come una semplice legittimazione di un desiderio umano. In
tal caso siamo di fronte a una pura superstizione. La benedizione di Aaronne
non è una certificazione rituale di un desiderio umano. Al contrario: si tratta
di un’affermazione solenne di una libera e consapevole sottomissione alla
volontà di Colui che è l’unico vero artefice della pace.
Nessun commento:
Posta un commento